Se sei qui, probabilmente lo hai notato anche tu: nel 2026, i social B2B non sono più un passatempo per riempire il calendario (e in realtà non avrebbero mai dovuto esserlo). 

Oggi sono diventati uno spazio che può portare valore vero, se sai come usarlo.

Ma allora, qual è il problema? Il solito: molte aziende continuano a trattarlo come un canale di serie B, con post istituzionali, frasi fatte e zero relazione.

Eppure è chiaro: una strategia social B2B che funziona non può consistere solo in “esserci e vedere che succede”. 

In sostanza, o hai una direzione chiara, o finisci per perderti nel rumore.

I buyer non cercano effetti speciali. Cercano contenuti che abbiano senso, formati che si capiscano al volo, numeri che raccontano storie, non solo impression.

In questo articolo andiamo dritti al punto:

  • cosa funziona davvero oggi (preparati, ci sentirai ripetere “meno contenuti, più pensiero”);
  • cosa non funziona più (e fa più danni che altro);
  • come capire se la tua strategia sta portando risultati o solo like a vuoto.

Continua a leggere e capirai perché il B2B non deve essere noioso: deve solo parlare come una persona, non come una brochure.

Tl;DR (AKA non ho tempo di leggere tutto)

Nel 2025 i social nel B2B non servono più a esserci, ma a dire qualcosa che conti. Le aziende che crescono non postano per riempire spazi, ma per creare relazione e mostrare pensiero.

Funziona ciò che è breve, denso e umano: video verticali con un solo messaggio, caroselli chiari, rubriche con continuità. I numeri valgono solo se raccontano una scelta o un errore.

Non funziona più ciò che suona finto: post autocelebrativi, testi per Google, metriche di vanità. Nel B2B contano i commenti veri, i DM aperti, i lead informati.

Una strategia efficace non nasce da un template, ma da un pensiero: chi vogliamo raggiungere, cosa vogliamo che succeda, come capire se funziona.

Riassuntissimo finale: nel 2026 vincerà chi parla come una persona, non come un’azienda. Pochi post, ma giusti. Pensati, chiari e utili davvero.

Social media marketing B2B: cosa sta cambiando nel 2025

Nel 2025, parlare di social media marketing per aziende non è più un ossimoro: è, e rimarrà, la nuova normalità.

Anche chi lavora nel B2B più tecnico (macchinari, automazione, produzione) si sta rendendo conto che i social non servono a farsi belli, ma a far capire. A costruire relazioni che durano. Servono a mostrare il valore, non solo il prodotto.

E purtroppo no, non basta aprire un profilo LinkedIn e postare una foto del team alla fiera di settore. Parliamo di strategia social B2B vera, che parte da una domanda semplice:

“Cosa vogliamo che succeda quando qualcuno ci legge?”

Le aziende che stanno facendo la differenza online oggi:

  • usano formati brevi ma densi, che spiegano cose complesse in modo chiaro;
  • costruiscono contenuti che si agganciano al contesto (non ai trending topic a caso);
  • parlano a persone vere, anche se lavorano in ambienti tecnici.

La cosa più importante: lo fanno con un tono che si capisce. Senza inglesismi infilati a random (ok, lo abbiamo fatto apposta), e senza mascherarsi da guru digitali.

Insomma, chi vince oggi nel B2B ha smesso di fare comunicazione per riempire i buchi del calendario, e ha iniziato a usare i social per dire qualcosa che vale la pena ascoltare.

Contenuti social B2B efficaci: cosa funziona (e perché)

Contrariamente a quanto si pensi, non è necessario diventare virali per avere contenuti che funzionano. Serve dire qualcosa che conta (e farlo in modo chiaro, umano, riconoscibile).

I contenuti social B2B che funzionano nel 2025 non si distinguono per quantità, ma per densità: raccontano qualcosa di utile, in poco spazio.

Non parlano al settore. Parlano alle persone che lo abitano.

Ecco cosa vediamo funzionare meglio, tutti i giorni.

Format brevi, verticali, pensati bene

Il contenuto efficace in ambito B2B:

  • dura poco (uno scroll, due al massimo);
  • non gira intorno all’argomento, ma va dritto al punto;
  • è pensato per essere letto da chi ha poco tempo e tanti problemi.

Qualche esempio che usiamo spesso:

  • video brevi con una persona che racconta una sola cosa (es: “cosa abbiamo imparato dopo 100 giorni di onboarding commerciale”);
  • caroselli su LinkedIn con insight chiari*, metriche spiegate bene, call to action che aprono il dialogo;
  • post-takeaway da eventi o fiere: niente riassunti piatti, ma punti critici commentati con taglio personale.

Parlare di numeri senza diventare noiosi

*Alt! Se hai letto tutto, forse hai notato una contraddizione: dobbiamo o non dobbiamo portare i freddi numeri sui social B2B?

La risposta: sì, anche nel B2B si possono portare KPI e dati sui social. Ma non parliamo di grafici da manuale o tabelle da Excel.

Funzionano contenuti che mostrano:

  • un dato + un contesto + una decisione presa;
  • cosa abbiamo fatto prima, cosa abbiamo imparato dopo;
  • errori che ci sono costati qualcosa, e cosa ci hanno insegnato.

Un esempio?

“Abbiamo perso 3 prospect grossi in due settimane. Avevamo ignorato una cosa semplice: nessuno aveva risposto al commento su LinkedIn. Abbiamo cambiato processo. Risultato: 1 DM ogni 3 post tecnici. Apriamo la discussione?”

Questo è contenuto, questi sono i numeri che funzionano. Il resto è rumore.

Le rubriche che danno appuntamento (e motivo per tornare)

Nel B2B, creare relazione significa anche dare continuità. I format che creano valore nel tempo sono quelli che fanno capire che dietro c’è un metodo, non solo voglia di “esserci”.

Ecco tre rubriche che funzionano davvero:

  • 1 problema, 1 soluzione”: ogni settimana, un caso reale con una scelta strategica concreta;
  • Cose che abbiamo cambiato”: mostrare l’evoluzione interna, anche con ironia, anche con errori;
  • Lo faresti anche tu?”: piccole provocazioni con cui aprire un confronto tra team marketing, commerciale e prodotto.

Errori social media B2B: cosa non funziona più nel 2025

Nel 2025 certi contenuti non sono solo inefficaci, ma proprio controproducenti. Perdono tempo, risorse e (peggio ancora) attenzione.

Il problema? Non è che le aziende sbaglino per superficialità, è che spesso si affidano a processi automatici, format ereditati o tool che sembrano “risolvere”, ma non pensano.

Ecco gli errori più comuni nel social B2B, quelli che vediamo ancora troppo spesso e che sarebbe ora di lasciarsi alle spalle.

Post istituzionali senz’anima

Lo ripetiamo, che male non fa: il post con la foto del team alla fiera, il “siamo felici di annunciare”, il “siamo orgogliosi di…”. Lo abbiamo visto 10.000 volte. Nessuno lo legge. Nessuno ci interagisce (purtroppo).

Perché non funziona:

  • parla di sé, non con qualcuno;
  • non dice nulla che serva a chi legge;
  • non genera relazione, solo presenza.

Un’alternativa: racconta cosa hai imparato dalla fiera. Cosa hai scoperto. Cosa ti ha stupito. E fallo con le parole che useresti davanti a un cliente, non a una commissione.

Contenuti scritti per Google, non per le persone

Anche i post B2B possono essere ottimizzati, certo. Ma se si sente che dietro c’è solo SEO, la relazione muore prima di nascere.

Esempi da evitare:

  • titoli con tre keyword infilate a forza;
  • testo che gira su se stesso per raggiungere le 1.000 battute;
  • messaggi generici che non dicono niente di utile.

Alternativa: scrivi per una persona. Una. Non per l’algoritmo. Poi magari ottimizzi. Ma solo dopo che hai qualcosa da dire.

Metriche di vanità al posto dei KPI di relazione

Impression, reach, like: vanno bene se vendi biscotti. Nel B2B, servono altri numeri. Più piccoli, ma molto più utili.

Errori comuni:

  • dare per riuscito un post perché “ha fatto tante visualizzazioni”;
  • ignorare i commenti rilevanti;
  • non sapere chi ha interagito (e se ha senso contattarlo).

KPI che contano:

  • DM aperti;
  • numero di contatti commerciali generati dai contenuti;
  • conversazioni nate da un insight ben scritto.

KPI social media B2B: come misurare il valore vero

Mettiamo in chiaro una cosa: non tutto quello che puoi misurare serve davvero. E, nel B2B, questa frase vale doppio.

I KPI dei social vanno scelti con criterio, non con l’ansia da report. Perché guardare le impression senza sapere chi c’era dietro è come contare le macchine in autostrada senza sapere chi sta uscendo al tuo casello.

Una strategia social B2B ben fatta non si giudica dal numero di like, ma da quello che succede dopo.

I KPI che contano nel B2B

Ecco su cosa vale la pena tenere gli occhi puntati nel 2025:

  • commenti rilevanti: non “bello!”, ma persone che interagiscono davvero con il contenuto. Magari chiedono qualcosa. Magari dissentono. Ottimo;
  • conversazioni in DM: il post è un’esca. Se apre un dialogo in privato, ha fatto centro;
  • lead caldi: contatti che arrivano dai contenuti e hanno già capito chi sei e come ragioni;
  • contenuti salvati o condivisi: pochi? Sì. Ma altissima qualità. Gente che dice “questo me lo tengo”.

Quelli che sembrano KPI, ma non lo sono

Ci caschiamo tutti, eh. Ma è ora di dirlo chiaramente:

  • Visualizzazioni? Fanno piacere. Ma se non portano nulla, sono solo numeri.
  • Like? Possono aiutare l’algoritmo. Ma non valgono una conversazione seria.
  • Follower? Meglio 500 che leggono, che 5.000 che scrollano senza vedere.

Un KPI utile è quello che ti fa prendere una decisione. Se non sai cosa cambiare dopo averlo letto, forse è solo un dato.

Come leggiamo i numeri in Larin

Lo diciamo sempre: noi non siamo data-driven. Siamo data-informed. I numeri ci servono per capire, non per obbedire.

Noi lavoriamo così:

  • Testiamo contenuti diversi, con tagli, formati, angolature differenti;
  • guardiamo i numeri a 1 giorno, 3 giorni, 7 giorni (e non solo);
  • leggiamo i segnali, non le vanity metric;
  • ragioniamo insieme al cliente su cosa tenere, cosa cambiare, cosa togliere.

E poi? Correggiamo. E scaliamo.

Come costruire una strategia social B2B che funziona per davvero

Una strategia social B2B non nasce da un template, ma nemmeno da un piano editoriale da riempire ogni mese con “qualcosa da postare”.

Funziona quando parte da una domanda semplice:

Che ruolo vogliono avere i social nel nostro modo di stare sul mercato?

Non esiste una risposta giusta per tutti. Ma esiste un metodo per arrivarci.

Pensiero, prima ancora dei post

La parte che molti saltano (e che invece fa la differenza) è il pensiero.

Chi vogliamo raggiungere, davvero?

Che cosa vogliamo che succeda, quando ci leggono?

Come misuriamo se ci stiamo riuscendo?

Serve tempo. Ma soprattutto serve farlo insieme.

Noi lo chiamiamo co-progettazione: pensare a quattro mani, e poi agire.

Un piano chiaro, flessibile e misurabile

Una volta che il pensiero c’è, serve darsi una direzione. Ma lasciando margine.

Un piano social che funziona:

  • ha degli obiettivi chiari (macro, micro e micro-micro, se serve);
  • ha dei momenti fissi e degli spazi liberi;
  • cambia nel tempo: perché le persone cambiano, le aziende anche.

Non servono 30 contenuti al mese. Ne bastano pochi, ma giusti. Pensati, scritti, letti e ottimizzati.

La strategia non è mai finita

Ecco l’errore più comune: pensare che, una volta impostata, la strategia sia fatta.

Ma una strategia social B2B non è mica un file! È un organismo vivo. Si adatta. Si corregge. Migliora col tempo.

Il punto, quindi, non è partire con la strategia perfetta. Il punto è partire con la volontà di migliorarla, ogni mese.

E per farlo servono due cose:

  1. una base pensata bene;
  2. un partner che ti ci metta la testa, non solo le mani.

Conclusioni: strategie B2B per i social

Riassumendo, una strategia social B2B fatta bene richiede testa, tempo e metodo. Ma soprattutto richiede qualcuno che sappia tenere insieme i pezzi: pensiero strategico, contenuti concreti, misurazione che serve davvero.

È quello che facciamo ogni giorno in Larin. Non ti portiamo solo post belli: ti aiutiamo a costruire un sistema che funziona, cresce e ti somiglia. Che parli come la tua azienda, non come una presentazione in PowerPoint.

Partiamo sempre da una domanda vera, non da un format. Costruiamo insieme, testiamo insieme, e se qualcosa non funziona… lo aggiustiamo. Senza perderci in giri di parole.

Se vuoi iniziare a usare i social per fare davvero qualcosa che valga la pena leggere,

parliamone.

Magari non sarà perfetto al primo post.

Ma se partiamo bene, possiamo solo migliorare.

Iniziamo?

Raffaele Velotti